Deformità ed eterometrie degli arti inferiori

Deformità ed eterometrie degli arti inferiori


Le deformità e le differenze di lunghezza tra gli arti possono dipendere da molte cause. Oggi sono ben correggibili grazie a interventi di sofisticata chirurgia ortopedica

CHE COSA SONO

Le deformità e le eterometrie (differenze di lunghezza) degli arti inferiori sono anomalie, congenite o acquisite, della normale conformazione e struttura meccanica degli arti inferiori.
Nelle deformità vanno distinte:

- Le forme funzionali, da contratture articolari che causano una apparente differenza di lunghezza o un'alterazione dell'asse meccanico degli arti inferiori;
- Le forme strutturali, causate invece da anomalie ossee a qualsiasi livello degli arti inferiori o del bacino.

Le eterometrie possono essere congenite e far parte di malattie congenite ortopediche isolate oppure far parte di sindromi complesse. Le eterometrie acquisite compaiono in seguito a traumi, infezioni, tumori o altro.

QUALI SONO LE CAUSE

Le malattie congenite che causano eterometria degli arti inferiori sono numerose anche se in alcuni casi, non riuscendo a rilevare alcuna anomalia associata né una causa apparente, possiamo parlare di forme idiopatiche. La storia naturale dell'eterometria dipende dalla malattia che la causa.
Nelle forme congenite il peggioramento è di solito costante e non è difficile predire quale sarà la differenza di lunghezza tra gli arti al termine dell'accrescimento, anche utilizzando appositi software sviluppati negli ultimi anni.
Nelle forme acquisite invece, abbiamo una estrema variabilità a seconda dell'età in cui compaiono e a seconda della gravità. Le malattie che causano dismetrie possono provocare accorciamento o allungamento dell'arto colpito.
Di seguito una tabella con alcuni esempi:

COME SI FA LA DIAGNOSI

La diagnosi si basa anzitutto sulla storia clinica e su un'attenta visita ortopedica.
Per determinare in maniera precisa la deformità o la eterometria degli arti inferiori è necessario eseguire una radiografia degli arti inferiori sotto carico - quindi con il paziente in piedi - con le rotule di fronte e radiografie in laterale includendo il bacino e le caviglie: vengono misurate la lunghezza del femore e della tibia, tracciati gli assi meccanici dell'intero arto e dei singoli segmenti ossei, considerando attentamente anche la posizione e l'anatomia del piede e dell'anca. La radiografia va effettuata con un rialzo compensativo dell'arto più corto.

COME SI CURANO

Le deformità degli arti inferiori vanno trattate anche precocemente se dovute a un deficiente o mancato sviluppo di parti dello scheletro degli arti inferiori (femore corto congenito, deficiente o mancato sviluppo della tibia o del perone).
Se invece tali deformità sono idiopatiche, senza cioè una causa evidente, vanno osservate ed eventualmente trattate solo nelle forme più gravi prima della fine dello sviluppo puberale. In questo periodo infatti, sono attive (o "fertili") le cartilagini di accrescimento delle ossa lunghe che sono situate all'altezza delle metafisi, vale a dire nella zona in cui si congiungono epifisi e diafisi. Terminato lo sviluppo puberale, le cartilagini di accrescimento "si saldano" e le ossa non possono più crescere in lunghezza.
Si utilizzano tecniche chirurgiche di emiepifisiodesi temporanea dette anche "tecniche di crescita controllata". 
Questa tecnica ha lo scopo di arrestare temporaneamente la crescita ossea nel suo versante interno oppure esterno, a seconda dei casi, in modo che la normale crescita dell'osso sull'altro versante permetta una progressiva "autocorrezione" del difetto. L'inserimento di un dispositivo metallico a forma di U, con le due braccia parallele inserite nella cartilagine di accrescimento ne arrestano la crescita. La parte opposta della cartilagine, con la crescita residua, correggerà progressivamente la deformità. All'incirca uno-due anni dopo l'intervento, il dispositivo viene rimosso.
Differenze di lunghezza di 1 cm o meno non hanno immediata rilevanza clinica, vengono spesso osservate e nella gran parte dei casi migliorano spontaneamente verso la fine della pubertà.
Eterometrie tra 1 cm e 2 cm necessitano di un'attenta osservazione, di un trattamento ortesico (plantari con rialzo e calzature predisposte) per diminuire l'obliquità del bacino. In qualche caso si rende necessario il trattamento chirurgico.
Eterometrie superiori ai 2 cm necessitano di norma di un trattamento chirurgico correttivo.
Il trattamento chirurgico delle dismetrie (differenze di lunghezza) in età pediatrica si basa sull'età del paziente e sulla gravità del quadro clinico.
I trattamenti chirurgici che vengono presi in considerazione sono:

- Le epifisiodesi temporanee o definitive del segmento scheletrico più lungo;
- L'allungamento dei segmenti scheletrici interessati.

Particolare importanza nella correzione delle dismetrie deve essere posta al calcolo dell'altezza definitiva che verrà raggiunta dal paziente, alla lunghezza del segmento scheletrico interessato, alla previsione della differenza di lunghezza tra gli arti al termine della pubertà, all'altezza minima - a termine accrescimento - accettabile da parte del paziente e dei familiari quando si pianifica un intervento di epifisiodesi.
Le epifisiodesi sono il trattamento da preferire per dismetrie tra i 2 e i 4 cm, soprattutto per pazienti che si avviano alla maturità scheletrica, in malattie non congenite, quando l'accorciamento dell'arto è causato in egual misura dal femore e dalla tibia e quando la dismetria è dovuta alla crescita eccessiva di un arto.
È una procedura chirurgica semplice, sicura, ben tollerata dal paziente ma va attentamente pianificato il momento in cui intervenire. A questo fine si utilizzano misurazioni radiografiche ripetute nel tempo e gli algoritmi sopra menzionati.
L'allungamento del segmento scheletrico interessato rimane la metodica più spesso utilizzata.
Le tecniche di allungamento utilizzabili in età pediatrica sono fondamentalmente:

- Il fissatore esterno monoassiale;
- Il fissatore esterno circolare;
- Il fissatore esterno ibrido (combinazione di assiale e circolare);
- L'allungamento con fissatore esterno su infibulo endomidollare;
- Il chiodo endomidollare telescopico motorizzato o magnetico.

Il paziente avrà una degenza di circa 5-7 giorni. Durante il ricovero i genitori e il paziente stesso verranno educati riguardo alle modalità di allungamento e alla medicazione quotidiana dei tramiti dei fili e delle viti che fissano il fissatore all'arto.
Nell'allungamento si distinguono 5 fasi:

- Fase di attesa (periodo compreso tra intervento e inizio dell'allungamento);
- Fase di distrazione (o allungamento);
- Fase di consolidazione statica (tutti gli elementi del fissatore sono bloccati);
- Fase di consolidazione dinamica (alcuni elementi del fissatore vengono sbloccati);
- Rimozione.

L'allungamento viene iniziato circa 1 settimana dopo l'intervento chirurgico e prevede una velocità di distrazione di circa 1 mm al giorno che può essere modificata nel corso del trattamento. Le articolazioni vanno mobilizzate precocemente dal paziente in collaborazione con il fisioterapista.
Durante la fase di distrazione (allungamento) il paziente non può caricare l'arto affetto. Potrà farlo gradatamente più avanti, durante la fase di consolidazione.
Le radiografie di controllo vengono effettuate settimanalmente durante la fase di distrazione e mensilmente durante la fase di consolidazione.
La rimozione dell'apparato avviene quando il segmento scheletrico allungato presenta una ristrutturazione ossea evidente all'esame radiografico e viene effettuata in regime di Day Surgery.
Dopo la rimozione dell'apparato può essere utilizzata una tutela, gessata o con tutori predisposti, oppure lasciato carico libero senza tutele.
a cura di: Pier Francesco Costici, Osvaldo Palmacci
Unità Operativa di Ortopedia
in collaborazione con Bambino Gesù Istituto per la Salute

articolo originale da ospedalebambinogesù.it
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